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Protezione del patrimonio: Trust e Holding a confronto

Paolo Mancuso

La protezione del patrimonio aziendale è un tema che non è mai stato così importante come in questo periodo. Spesso, però, viene sottovalutato dall’imprenditore.

Esistono molti strumenti in grado di garantire la separazione del patrimonio aziendale da quello personale, proteggendolo da eventuali attacchi dei creditori o delle banche.


Due sono forse gli strumenti più utilizzati: Trust e Holding.

Ma tra tutte e due, chi protegge meglio il patrimonio ed è più conveniente?



Che cos’è il Trust?


Il Trust è uno strumento di protezione del patrimonio di origine anglosassone.

Si tratta di un negozio giuridico nel quale un soggetto che riceve l’incarico di gestire e conservare il patrimonio, per conto di colui che possiede i beni.


Nel Trust abbiamo diversi soggetti:

– Disponente, colui che è in possesso dei beni e decide di spossessarsi mettendoli in un patrimonio separato per proteggerli oppure per raggiungere un determinato scopo;

– Trustee, colui che è incaricato dal Disponente alla gestione dei beni secondo le direttive impartite da quest’ultimo. Si tratta di una figura rilevante che, per svolgere questo ruolo, deve essere in possesso di determinate competenze professionali;

– Beneficiari, coloro che ricevono i frutti o divento possessori dei beni in Trust;

– Guardiano, colui che, se si ritiene opportuno, deve controllare sull’operato del Trustee.


Il Trustee, in pratica, gestisce i beni nei limiti stabiliti e li amministra al fine di preservarli e farli fruttare, nell’interesse dei beneficiari indicati dal Disponente.


Obiettivo principale del Trust?


L’obiettivo principale del trust è raggiungere lo scopo del disponente di assicurare il passaggio generazionale, garantire la liquidazione di una società o realizzare un’attività benefica. L’effetto del trust è la segregazione del patrimonio.


I beni in Trust, infatti, costituiscono un patrimonio separato e autonomo rispetto al patrimonio del Disponente, del Trustee e dei beneficiari. La conseguenza è che, questi beni, non potranno essere richiesti dai creditori di tali soggetti.


Il Trust ha una durata prestabilita al termine della quale, il negozio si scioglie e i beni vengono assegnati ai beneficiari che si distinguono in due categorie:

– beneficiari di reddito che godono dei frutti del Trust;

– beneficiari finali sono coloro che riceveranno il fondo in Trust e che ne acquisiscono la proprietà.


Il Trust, oltre a richiedere numerosi soggetti per essere applicato, è uno strumento delicato e non facile da utilizzare. Tra l’altro, presenta anche alcune problematiche.

Una su tutti la revocabilità di questo strumento.

Può essere revocato, ad esempio, quando lo stesso soggetto risulta essere Disponente, Trustee e anche beneficiario. In questo caso, è evidente che il Trust non sta svolgendo il ruolo per il quale è stato chiamato, non c’è alcun motivo né alcun obiettivo valido e trasparente.


In una situazione del genere, il Trust viene solo utilizzato per mettere a riparo il patrimonio dai possibili attacchi dei creditori (fornitori, banche e Fisco). Funzione che, andrebbe fatta meglio con altri strumenti.

Tra l’altro, il Disponente dopo aver contratto l’atto, non può dire al Trustee cosa deve fare con il patrimonio, altrimenti il contratto si scioglie e il patrimonio non viene più protetto. Sostanzialmente, il limite del Trust (nessuna direttiva da parte del Disponente dopo la firma dell’atto) è il suo vantaggio perché il patrimonio viene segregato.


Che cos’è la Holding?


La Holding è una società che detiene proprietà immobiliari o quote di partecipazione in altre società (partecipazione che può essere in parte o totalitaria).


Si tratta di uno strumento dal potenziale incredibile: oltre alla protezione del patrimonio, abbina anche un’ottimizzazione anche a livello fiscale (che in Italia non guasta mai visto che le tasse sono sempre in aumento).


Pur avendo un nome strano, è pur sempre una società. Non deve per forza esserci scritto holding nel nome o nell’oggetto sociale. Ciò che la rende unica (almeno di chi sa utilizzare propriamente questo strumento!) è l’assenza totale di rischi imprenditoriali.

La gestione e la tutela del patrimonio familiare non è mai una cosa semplice e molto spesso si corre il rischio di utilizzare strumenti di protezione che sono assolutamente inadeguati.


L’utilizzo della Holding – in questo senso – può rappresentare lo strumento migliore perché consente di:

– gestire patrimoni mobiliari e immobiliari (riscossione di affitti di uno o più immobili);

– avviare un’attività di organizzazione e trasferimento del patrimonio tra i soggetti di una stessa famiglia.


Tutto ciò che entra nella Holding non può essere toccato – immobili, beni immobili, attività finanziarie. Mentre il creditore o il Fisco, ad esempio, può farsi valere sulla società che figlia, cioè quella operativa.


Molti imprenditori, non solo solo sottovalutano la protezione del patrimonio, ma anche le potenzialità della Holding. Pensano subito sia solo uno strumento per ricchi imprenditori – il classico Agnelli di turno – e che sia difficile da gestire.

Niente di più sbagliato. Può essere utilizzata anche per i piccoli imprenditori ed è facile da gestire (a volte non ha nemmeno fatture da contabilizzare).


A differenza del Trust, dove il patrimonio possiamo dire non sia più tuo, ma viene affidato nelle mani del Trustee, nella Holding sei sempre tu a gestirlo. Il problema della revocabilità, riscontrato nel Trust, nella Holding non esiste.


Questo è uno degli elementi che determinano la grandezza e la differenza che c’è tra Trust e Holding. Poi, ovviamente, vanno anche viste le esigenze dell’imprenditore.

Ma generalmente, l’imprenditore italiano è abituato ad accentrare la gestione del patrimonio su se, senza doverlo trasferire ad altri per gestirlo e proteggerlo (come nel Trust).


Tra l’altro, la Holding, offre anche degli incredibili vantaggi fiscali che, in Italia, sono sempre graditi vista la propensione continua all’aumento delle tasse.


Fonte: (https://www.soluzionetasse.com)

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