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Paolo Mancuso

Consulenza per il passaggio generazionale

Aggiornamento: 15 mag 2019

"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere occhi nuovi." (Voltaire)

La successione imprenditoriale è un processo che si rivela spesso problematico perché influenzato, non soltanto dalle caratteristiche dell'impresa, ma anche dall'atteggiamento dei soggetti coinvolti. Infatti, la successione ha sempre effetti rilevanti sul piano organizzativo, proprio perché frequentemente le strutture e la divisione del lavoro riflettono la personalità e le competenze dell'imprenditore. A maggior ragione quando si tratta del fondatore.

Il principale fattore di rischio è rappresentato dalla perdita potenziale del patrimonio di conoscenze e relazioni di cui l'Imprenditore è portatore in prima persona.

L'imprenditore - primo responsabile del processo di transizione - tende a rinviare il momento in cui affrontare questo tema ed avviare un processo di delega costruttiva.


Il tema del ricambio generazionale o, in senso più ampio, della continuità dell'impresa nel tempo sta assumendo sempre maggiore rilievo nel nostro sistema economico.

Questo problema nasce dall'osservazione di due fenomeni confermati da diverse ricerche internazionali, nazionali e locali:

soltanto il 30% delle imprese sopravvive alla seconda generazione. Di queste un ulteriore 50% chiude entro la terza generazione. Ciò significa che solo in 15 casi su 100 i nipoti riescono a gestire l'azienda fondata dai nonni;

la storia industriale del nostro Paese ha visto un notevole sviluppo imprenditoriale negli anni '60 e '70 del "boom" economico e poi ancora negli anni '80. Di conseguenza, attualmente oltre il 50% degli imprenditori ha più di 60 anni.

Considerando che, secondo stime della UE, una generazione imprenditoriale dura circa 29 anni (in Italia è ragionevole supporre una durata maggiore di 4-5 anni), si deduce come la gran parte delle aziende europee e italiane in particolare, si stiano già confrontando con le tematiche relative alla continuità aziendale, o lo debbano fare nei prossimi anni.

Tuttavia, vi è da rilevare che, nonostante un aumento di consapevolezza negli ultimi anni, il problema della continuità/successione non sia considerato prioritario dalla maggioranza degli imprenditori italiani, che - se interpellati a proposito - prevedono di affrontare il tema con un approccio contingente da gestione operativa ("ci penserò quando sarà il momento") e non, invece, attraverso un processo di pianificazione strategica.


Si definisce così l'impresa fondata da un Capo-famiglia con capacità imprenditoriali, nella quale i membri della sua famiglia occupano posti/chiave.

Spesso si tratta di imprenditori nati in un'epoca in cui era sufficiente la capacità imprenditoriale istintiva (il bernoccolo degli affari, o il coraggio di rischiare) successivamente "educata" (con qualche cicatrice) dal superamento delle difficoltà ed anche dalla cultura d'impresa acquisita con la pratica.

Le imprese familiari si distinguono da altre tipologia di aziende, per tre motivi:

se sono società di capitali, un membro della famiglia (dapprima il fondatore e poi il successore) occupa la posizione di Presidente, o di Amministratore Unico (il "capo" assoluto, in ogni caso);

se alcuni membri della famiglia del fondatore sono inseriti operativamente nell'impresa, lo sono in posizioni preminenti e possono influenzare la gestione aziendale;

se il membro della famiglia che occupa la posizione di Presidente (o di Amministratore Unico) è affiancato da manager esterni alla famiglia, questi ultimi accettano, più o meno esplicitamente, il fatto che la loro attività risulti condizionata in modo determinante dalla famiglia proprietaria.

Molti studi hanno evidenziato che le condizioni di successo dell'impresa familiare (di medie dimensioni) siano sostanzialmente tre:

la capacità di adattarsi tempestivamente ai cambiamenti (dei mercati, della forza lavoro, della tecnologia, della clientela, ecc.);la capacità di mantenere l'efficienza della gestione operativa;la capacità di attrarre risorse umane professionalmente cruciali per lo sviluppo aziendale, soprattutto nella prima fase di crescita.

Imprenditorialità ereditaria?

Tra gli svantaggi della impresa familiare, quello che ha risvolti sociali significativi risulta essere collegato alla natura "ereditaria" del potere che non sembra in grado di garantire la più efficace transizione intergenerazionale.

Questo, per il semplice motivo che l'imprenditorialità non è per sua natura ereditaria.

Numerosi Autori sostengono che il desiderio di trasmettere la proprietà dell'impresa alla generazione emergente è spesso più forte della razionalità economica che porterebbe a privilegiare la vendita dell'azienda a terzi, sia per il bene futuro dell'attività economica, sia per l'unità e l'armonia familiare.

"Sistema-Impresa" e "Sistema-Famiglia"

La causa principale della moria di molte aziende familiari riguarda il ruolo del fondatore che si viene a trovare contemporaneamente a capo sia della famiglia, sia dell'impresa e vede così fortemente condizionata, dalle regole e dai legami familiari, l'autonomia delle decisioni imprenditoriali, con influenze negative su tutta la gestione delle risorse umane dell'azienda.

Ed i problemi gestionali delle imprese familiari hanno il loro culmine al momento della successione e del "passaggio dei poteri", poiché i componenti della famiglia proprietaria sarebbero portati a confondere gli scopi dei due eventi che, invece, sono diversi.

È tuttavia evidente che una buona conduzione d'impresa familiare non può prescindere dalla comprensione e dalla razionalizzazione dei rapporti esistenti tra il "sistema impresa" e il "sistema famiglia". Eppure, la logica familiare tende a privilegiare ed a proteggere i membri della famiglia nella fase di assunzione, nello sviluppo delle carriere e nel soddisfacimento delle aspirazioni materiali e immateriali (formazione, crescita professionale, prestigio interno ed esterno). Tali conflitti sono solitamente gestiti in modo pessimo dalla generazione al potere, la quale è combattuta tra il desiderio di non creare conflitti in famiglia e la necessità di ricevere il supporto di professionalità esterne al nucleo familiare.

Ruolo e competenze dell'imprenditore

Quando si tratta di supportare un passaggio d'impresa, bisogna svolgere una attenta analisi delle caratteristiche "necessarie" per coprire il ruolo di imprenditore da parte di chi subentra.

Non esiste, tuttavia, una definizione univoca di "imprenditore". Pertanto, occorre contestualizzare il ruolo dell'imprenditore ad una specifica situazione ambientale, per poter cogliere le caratteristiche necessarie a condurre una specifica impresa.

Inoltre, la varietà e la complessità delle competenze richieste mettono in risalto come un passaggio d'impresa debba essere progettato con adeguato anticipo e come il processo possa chiedere un arco di tempo piuttosto ampio, affinché il subentrante possa sviluppare al meglio le caratteristiche necessarie a svolgere il suo ruolo imprenditoriale nell'ambiente specifico.


Il passaggio generazionale presuppone la decisione della famiglia imprenditoriale di voler continuare nel proprio ruolo.

Si tratta di un processo molto delicato e, per avere successo, deve avvenire senza traumi.

Per questo motivo, esso deve essere il frutto di un'azione preventiva, mirata a creare le condizioni ideali perché la titolarità dell'impresa "passi" da una generazione all'altra, senza pregiudicare la competitività dell'impresa né la coesione e l'armonia della famiglia.

L'esperienza insegna che il passaggio generazionale è un processo durante il quale la coesistenza protratta di membri familiari appartenenti a più generazioni, e spesso a diversi rami della famiglia, può complicare le relazioni familiari e professionali. Il processo va gestito per tempo, mirando alla condivisione e al successivo rispetto di regole chiare circa l'oggetto e le modalità del passaggio.

Criticità

Le possibili criticità del passaggio generazionale, nascono dai potenziali conflitti che derivano dalla sovrapposizione dei ruoli di "azionista", "leader" e "manager" in capo ai membri della famiglia.

I criteri di trasmissione dei suddetti ruoli sono, pertanto, i primi aspetti da disciplinare, guardando al futuro. Questo, perseguendo due obiettivi:

LA GOVERNABILITÀ DELL'IMPRESA;L'ARMONIA DELLA FAMIGLIA.

L'intervento del consulente può agevolare il passaggio, favorendo la comunicazione tra generazioni diverse e supportando l'introduzione di sistemi di gestione e di controllo che codifichino le esperienze (positive e negative) di chi ha governato l'azienda ed aiutino, quindi, il successore a proseguire autonomamente l'attività.

Tale intervento si realizza attraverso:

l'analisi del sistema congiunto famiglia/impresa e delle relazioni esistenti al fine di individuare eventuali fattori critici;l'individuazione dei punti di forza e di debolezza dell'impresa, nonché l'analisi del relativo posizionamento nel mercato, per individuare le possibili strategie di sviluppo e valutare quella idonea per il sistema integrato famiglia-impresa;l'affiancamento all'Imprenditore e al Successore nel periodo di transizione;se necessario, l'introduzione di un "temporary manager" d'esperienza che affianchi un familiare da avviare e da far crescere, nella prospettiva della successione.

E quando il successore non c'é?

La mancanza di familiari disposti ad assumere la guida dell'impresa apre la strada a forme di passaggio generazionale "esterne" che possono coinvolgere manager e dipendenti - portatori di competenze e capacità gestionali – mediante operazioni di "management buy-out".

Quando, anche tra i collaboratori dell'impresa, manchino potenziali successori, all'Imprenditore resta soltanto la strade della cessione a investitori specializzati o a società concorrenti.

In ogni caso, è necessario non tardare troppo a prendere in considerazione il problema della continuità dell'impresa e non sottovalutare la complessità del problema "successione".

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